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  • : Urban Pvs esperienze urbane in paesi in via di sviluppo Come sono le città nei Paesi del Terzo Mondo? Come sono organizzate? Quali sono le problematiche? Come vengono affrontate? Questo blog vuole essere uno spazio dedicato a quanti si occupano e si interessano dei problemi urbani e sociali nei paesi in via di sviluppo.
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Come sono le città nei Paesi del Terzo Mondo? Come sono organizzate?

Quali sono le problematiche? Come vengono affrontate?
Questo blog vuole essere uno spazio dedicato a quanti si occupano e si interessano dei problemi urbani e sociali nei paesi in via di sviluppo.


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3 luglio 2015 5 03 /07 /luglio /2015 07:46

Per tentare di porre rimedio al problema della desertificazione, numerosi governi africani stanno promuovendo il più grande progetto mai concepito nel continente: 11 rappresentanze governative si sono incontrate a N’Djamena (Ciad) per creare l’Agenzia panafricana per la “Grande muraglia verde": consiste in una striscia lunga 7000 km e profonda 15 , di alberi e piante a basso fusto che dovrebbe permettere di bloccare l’avanzata del deserto e che collegherà Dakar (Africa Occidentale) ad Gibuti (Africa Orientale). Uno degli ideatori del progetto è il presidente senegalese Abdoulaye Wade, che lo definisce “il più grande cantiere dell’umanità della storia contemporanea”.

http://terrafrica.org/great-green-wall/

Ed è proprio il Senegal uno dei più conviti dell’imponente progetto, tanto che il governo senegalese ha emblematicamente scelto la comunità di Widou, nel nord del paese, per promuovere la proposta, essendo uno dei territori più esposti all’avanzata del deserto.

Great Green Wall  : Workers water the Widu tree nursery in Senegal Louga region

Il villaggio di Widou, nella regione di Ferlo, una delle trenta comunità rurali del Senegal da cui partirà la Grande Muraglia verde: i primi alberi di acacia sono già rigogliosi (Arnaud Spani)

È prevista anche la realizzazione di 80 bacini idrici nei vari Paesi attraversati e l'introduzione di animali selvatici nella fascia boschiva che verrà realizzata.
Il progetto nasce da un'idea dell'ex presidente nigeriano Olesegun Obasanjo, che la vedeva come risposta panafricana alla desertificazione crescente del continente, alla scarsità d'acqua, e come contributo dell'Africa alla riduzione dei gas serra in atmosfera. L'idea di Obasanjo fu trasformata nel progetto della Grande Muraglia verde proprio dal Senegal nel 2005. Il presidente senegalese Abdoulaye Wade parlò allora della necessità di «mettere in campo un programma africano per investire nel Sahara, in vista di profittare di tutte le opportunità che può offrire in termini di possibilità di sviluppo del continente».

Non tutti, però, sono entusiasti di questa importante iniziativa. I più critici contestano il progetto perché si presenta come una soluzione superficiale e di immagine: quello che si vuole fare, in realtà, ha dichiarato lo scettico direttore senegalese dell’Agenzia Nazionale per la Grande Muraglia Verde, Matar Cissé, non è fare una barriera impenetrabile per il deserto, bensì ricolonizzare alcune parti dello stesso e offrire oasi e risorse ad animali che un tempo lo popolavano e che oggi sono quasi spariti. Ci vorranno però diversi anni, dato lo stato davvero dismesso del suolo, per capire se la Grande Muraglia Verde potrà avere successo.

http://www.theguardian.com/environment/2012/jul/12/senegal-great-green-wall

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12 gennaio 2015 1 12 /01 /gennaio /2015 14:48

Alla Triennale di Milano l'Africa è andata in mostra con "ig Change Big Chance"!

Il “contesto planetario” sta cambiando a causa della scarsità di risorse fossili, ormai in accertato esaurimento, della pressione antropica, oggi dotata di una immensa potenzialità tecnica, della situazione demografica, in impetuoso aumento, dell’incremento dell’urbanizzazione, della globalizzazione dell’economia ed anche del pensiero.

Occuparsi dell’Africa dal punto di vista dell’architettura, intesa nel suo senso più ampio, significa occuparsi di un luogo in cui stanno sviluppandosi alcuni dei fenomeni più interessanti, complessi ed anche inquietanti di questi ultimi anni.

La mostra, a cura di Benno Albrecht, AFRICA Big Change Big Chance vuole rendere palesi le dinamiche delle grandi trasformazioni in corso in Africa.

Il cambiamento – Change – riguarda in particolare i fenomeni di concentrazione urbana. Nel 2030 anche le regioni che oggi hanno il minor tasso di urbanizzazione saranno a maggioranza con una popolazione residente nella città. Nel 2030 la popolazione urbana dell’Africa, 748 milioni, supererà popolazione complessiva dell’Europa, 685 milioni.

La possibilità – Chance – è invece impersonata dai protagonisti dell’architettura in Africa dal Dopoguerra ad oggi. Sono loro gli interpreti di una progettualità nuova, che non guarda più solo alla tecnica e all’estetica, ma prova a riflettere su altri modelli di urbanistica.

Tra loro ci sono diversi esponenti del Modernismo Tropicale e alcuni italiani come Arturo Mezzedimi e Luigi Moretti.
L’esposizione è suddivisa in cinque sezioni: Geografia della quantità, Architetture Continentali, Architetture della Modernità, Città della Globalità, Apparati. Ognuna indaga e racconta i casi più interessanti di trasformazione geografica, urbanistica sociale.

Tra le città ritratte, Nairobi, Lagos, Maputo e Il Cairo sono quelle che, ad oggi, hanno vissuto le trasformazioni più radicali.
In mostra non saranno esposte solo fotografie, ma anche riproduzioni di progetti, modelli in 3D e opere di artisti locali. Per raccontare tutta l’Africa che cambia e che verrà.

http://www.triennale.org/it/mostre/passate/3292-africa-big#.VLPPn8kg_KA

 

il video dell'inaugurazione: https://www.youtube.com/watch?v=pkjN7czPuCQ

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6 settembre 2014 6 06 /09 /settembre /2014 09:17

clean up aour mekelle 

La rapida urbanizzazione avvenuta nell’ultima decade a Macallè, Etiopia, ha avuto il risultato di provocare un drammatico peggioramento delle sue condizioni ambientali, impattando particolarmente sulle già provate aree periferiche dove vivono e lavorano le comunità più povere.La città soffre della mancanza di una visione comprensiva riguardante la pianificazione e gestione della raccolta e del trattamento dei rifiuti e solo le zone più centrali hanno regolari servizi nel campo, erogati da ditte private.

Il risultato è che le zone più periferiche sono in condizioni igieniche così preoccupanti che azioni volontarie pur di carattere straordinario devono essere messe in campo al fine di ridurre i rischi per la salute delle comunità e la pressione sull’ambiente, anche se i benefici di tali azioni rimangono circoscritti nel breve termine. Le zone naturali residuali all’urbanizzazione e i corridoi che circondano la maggior parte delle zone residenziali stanno assumendo nel tempo il carattere di discariche spontanee ed incontrollate, con insufficiente controllo sulle ricadute in termini di inquinamento dei suoli e delle acque. La popolazione non è adeguatamente informata sui rischi connessi con questo tipo di smaltimento dei rifiuti, e le alternative, qualora in essere, non sono sufficientemente conosciute tra i cittadini.


A Macallè il progressivo degrado ambientale, gli scarsi investimenti e il disinteresse degli enti governativi verso queste aree, ha provocato l'allontanamento delle comunità locali dalla cura della “cosa pubblica”, facendo loro passivamente accettare le pessime condizioni ambientali in cui vivono come una “realtà immodificabile”. Per interrompere questo processo un progetto di Action Planning comunitario chiamato Clean Up Our Mekelle, promosso dall’Ethiopian Institute of Technology – Mekelle, è stato sperimentato nel Marzo 2014 per far cooperare differenti organizzazioni provenienti dal pubblico, dal privato e dal terzo settore con la comunità locale di May Degene, una delle aree più disagiate della città.

 

Il progetto ha mirato a trasferire conoscenze in materia di ambiente, elevando la coscienza delle comunità locali in una prospettiva di "learn-by-doing" e rafforzando le connessioni tra le diverse organizzazioni coinvolte per lavorare in team per il bene comune.


L'analisi dei risultati del progetto contenuta nell'articolo di Andrea Raffaele Neri esplora due principali e interconnesse aree di ricerca: da una parte la modalità con cui il processo di Action Planning è stato gestito; dall’altra come la comunità locale ha risposto agli input dati, principalmente prendendo in considerazione dati primari acquisiti a mezzo di questionari.

 

Il tipo di partecipazione di comunità promosso dal progetto è stato un grande stimolo per rendere le persone più consapevoli delle minacce che il loro comportamento può provocare sull’ambiente circostante, grazie al trasferimento di conoscenze che dall’Università e dalle organizzazioni partecipanti ha raggiunto le fasce di popolazione più spesso dimenticate, come testimoniano molti dei commenti scritti a mano.

Anche la creazione di un forte partenariato tra i diversi settori e istituzioni ha prodotto importanti risultati, in particolare nelle prime fasi del progetto. Purtroppo, l'interesse iniziale per l’Action Plan da parte delle istituzioni e del Delait (la società di gestione dei rifiuti) è drasticamente diminuito quando si è trattato di esaminare le criticità del degrado ambientale e dell'attuale gestione dei rifiuti.


Tutti gli obiettivi di breve termine sono stati raggiunti dall’Evento Comunitario Pilota nel lasciarsi alle spalle un ambiente sub-urbano più pulito, garantendo la partecipazione di massa da parte della comunità e la raccolta di dati primari molto significativi per la ricerca. Purtroppo  non si potranno raggiungere gli sperati benefici di lungo termine senza un partenariato forte con le autorità competenti e un serio impegno politico per l’attuazione delle attività proposte.

 

 

tratto da un aricolo di Andrea Raffaele Neri

Lecturer in Urban Planning and Management, Ethiopian Institute of Technology, Mekelle University.

Email: andrearneri@gmail.com

 

scarica l'articolo: link

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6 marzo 2014 4 06 /03 /marzo /2014 14:30

kilambaL'imperialismo cinese nel continente africano è ormai una realtà palese a tutti. Un tema interessante è poi quello della progettazione prima, e costruzione poi, di intere parti di città fatte da corporazioni cinesi.

 Il caso emblematico è la Nova Cidade de Kilamba, ad oggi una città fantasma a 30 km da Luanda, in Angola: 750 palazzine, una dozzina di scuole, un progetto destinato a ospitare mezzo milione di persone. Nova cidade de Kilamba è stato realizzato dalla società cinese statale Citic (China international trust and investment corporation) in cambio delle concessioni petrolifere nel paese africano.

 La nuova zona residenziale, costata 3,5 miliardi di dollari, copre un’area di 5.000 ettari. Secondo la Bbc si tratta della più grande tra le tante “città satellite” realizzate dai cinesi in Angola.

Ma a un anno dall’inaugurazione dell’agglomerato, la Bbc si reca sul posto e lo trova completamente disabitato. 

 

I prezzi per la popolazione locale sono proibitivi, gli appartamenti partono da 100.000 $ e solo il 10 % di questi è stato venduto.

 

Il prezzo troppo alto rispetto al reddito angolano non sembra l’unico problema.

La Bbc ha intervistato Paulo Cascao, responsabile di Delta Imobiliaria, agenzia addetta alla vendita delle nuove unità abitative di Kilamba. Secondo Cascao, «i prezzi sono corretti per la qualità degli appartamenti e per tutte le condizioni che la città può offrire», la causa principale del flop di Kilamba sarebbe la difficoltà di accesso al credito bancario.

Ma forse il problema vero è da ricercare nella struttura della società angolana, formata da un grande divario tra ricchi e poveri e da un’assenza pressoché totale della classe media. Viene quindi a mancare la fetta di popolazione con esigenze e reddito in linea con questo tipo di offerta abitativa.

 

Ad oggi non vi girano macchine, non vi sono negozi alimentari o altre attività, motivo aggiuntivo , oltre ai costi assolutamente  proibitivi, per il quale la popolazione locale non ha interesse ad abitarvi, semplicemente non vi troverebbe lavoro. Bisogna ricordarsi che 2/3 degli angolani vivono con  meno di due dollari al giorno, nonostante la recente crescita economica.

kilamba1

Invece di favorire la costruzione di alloggi popolari o riqualificare le periferie delle città, per cercare di arginare il fenomeno disastroso degli slums e delle baraccopoli in continua crescita, si è deciso di pianificare la costruzione di intere città destinate ad una classe media che semplicemente ancora non esiste. Una soluzione, peraltro già sul tavolo, è di destinare ad alloggi popolari una quota degli appartamenti e di aumentare l’acceso al credito. Per ora i video promozionali del governo, che pubblicizzano una vita diversa in queste moderne città,  non mostrano altro che attori sorridenti invece di abitanti reali ed è lecito chiedersi se un episodio urbano come Kilamba non faccia piuttosto parte di una politica espansionistica cinese,con possibili flussi migratori dalla Cina stessa, tesa ad aumentare l’influenza non solo economica ma anche politica  sul territorio africano.

 

link Volontari per lo Sviluppo

 

link Scenari economici.it

 

link Megalopolisnow

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5 febbraio 2014 3 05 /02 /febbraio /2014 12:57

per la pianificazione territoriale e la rigenerazione di comunità. Lezioni per l’Italia dal Regno Unito.


Il massiccio sviluppo di indici di deprivazione multipla nel Regno Unito ha messo a disposizione dei vari soggetti coinvolti in azioni di governo del territorio nuovi dati di straordinaria importanza per lo sviluppo di piani e programmi volti a contrastare il degrado delle aree maggiormente soggette a deprivazione.


La pianificazione territoriale e le attività volte alla rigenerazione di comunità beneficiano dello strumento per individuare le aree di intervento e stabilire le priorità d’azione. L’esempio del programma del governo gallese Communities First ha fissato un nuovo standard di innovazione e successo nelle azioni di sviluppo locale. D’altra parte invece molti problemi condizionano il modo in cui gli indici di deprivazione multipla italiani sono costruiti ed utilizzati. Essi sono sviluppati maggiormente a livello regionale ed il loro uso è meramente ristretto al settore sanitario. I sistemi dell’urbanistica e del governo del territorio infatti sono ancora poco o nulla consapevoli del potenziale che un indice nazionale di deprivazione multipla esprime per i loro fini d’azione. Le proposte di creazione di un indice ufficiale nazionale sono infatti solo sponsorizzate da enti ascrivibili a servizi sanitari regionali.


In questo articolo si sottolinea la necessità di rendere ufficiale un indice di deprivazione multipla nazionale, di interesse trasversale e perfettamente accessibile, attraverso l’analisi delle caratteristiche degli indici italiani pubblicati fino ad oggi in comparazione con quelle dei ben più strutturati casi britannici.

 

scarica l'articolo in italiano: link

 

Fonte: Neri, A. R. 2012, "The importance of Indices of Multiple Deprivation for Spatial Planning and Community Regeneration: the example of the Welsh Index of Multiple Deprivation and its related Communities First programme for the Italian system", Italian Journal of Planning Practice, ISSN: 2239/267X. link


di Andrea Raffaele Neri

Lecturer in Urban Planning and Management, Ethiopian Institute of Technology, Mekelle University.

Email: andrearneri@gmail.com

 

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5 giugno 2012 2 05 /06 /giugno /2012 09:49

L'Omo River (noto anche come Gibe nei suoi bacini medi e superiori) sorge negli altopiani occidentali ben irrigati dell’Etiopia più o meno alla stessa latitudine di Addis Abeba. Scorre per quasi 1.000 km e scende 1.600 m dalla sorgente al suo punto finale nel Lago Turkana, il lago deserto più grande del mondo, che si trova interamente all'interno del Kenya. Le caratteristiche climatiche e topografiche del bacino Omo-Gibe conferiscono un potenziale idroelettrico secondo solo a quello del bacino del Nilo Azzurro, che rappresenta la metà del potenziale idroelettrico del Paese (Kloos e Legesse, 2010, p. 77).
diga omo
Finora, tuttavia, solo una diga è stata completata lungo la Omo-Gibe. Conosciuta come Gilgil ('Piccola') Gibe I, questa ha iniziato ad operare nel 2004 ed è attualmente il più grande fornitore di energia elettrica dell'Etiopia. Nel 2010 una centrale elettrica conosciuta come Gibe II è stato inaugurato a valle. Gibe II non è proprio una diga, ma attinge l'acqua attraverso un tunnel di 26 km. dal serbatoio del Gibe I.

Gibe I e Gibe II saranno sminuite in tutti i sensi da Gibe III, che con un’altezza di 240 m sarà la diga più alta in Africa. Con una 'potenza installata' di 1.870 megawatt (vale a dire che le sue turbine produrranno energia elettrica a questo livello in modo continuo) l’attuale capacità di generazione elettrica in Etiopia verrà raddoppiata e verrà superata di gran lunga la domanda interna, prevedendo di esportare fino al 50% dell'energia elettrica generata da Gibe III ai paesi vicini.

Gibe III rappresenta un grande investimento finanziario (1,7 miliardi di dollari) e un impressionante opera di ingegneria civile che si spera porterà grandi benefici economici per l'Etiopia. Ma avrà un impatto potenzialmente devastante sulla popolazione a valle regolando il flusso altamente stagionale dell’Omo, ponendo così fine alla piena annuale. Questo influirà direttamente su tutti i residenti nella pianura e nel delta dell’Omo (circa 100.000 persone) che dipendono dal diluvio per le loro attività agricole e pastorali (SOGREAH, 2010: 37).

La fine del diluvio comporterà anche lo spostamento di molte di queste persone per la realizzazione in queste aree di grandi sistemi di irrigazione commerciali che è già previsto che occuperanno oltre 200.000 ettari dell’Omo Inferiore. La realizzazione di questi sistemi di irrigazione comporteranno anche una riduzione significativa del livello dell’acqua del lago Turkana, dal momento che l’Omo rifornisce il lago per il 90%, causando l’innalzamento della sua salinità. E questo aspetto inciderà negativamente sulle condizioni di vita di un altro più o meno 300.000 persone che vivono nel nord del Kenya e che dipendono dal lago per la pastorizia e la pesca (Johnston, 2010).

Qualsiasi progetto di costruzione della diga che sposta un gran numero di persone e/o limita il loro accesso alle risorse vitali normalmente dovrebbe includere un piano globale per migliorare o almeno mantenere a lungo termine il benessere economico e sociale. Il piano di mitigazione proposto dal progetto di Gibe III per l’area a valle fino ad ora risulta essere molto carente sotto questo punto di vista: pare che i responsabili del progetto prevedano che le popolazioni che saranno costrette a migrare a causa della diga beneficeranno genericamente dello sviluppo economico e delle “moderne” forme di agricoltura. Tale ipotesi di mitigazione è categoricamente smentita da innumerevoli studi accademici e da innumerevoli relazioni di valutazione ex-post da parte di agenzie di sviluppo. Questi report mostrano che i progetti che spostano le persone o limitano il loro accesso alle risorse vitali e non comprendono nel bilancio la ricostruzione del sostentamento completo né piani di sviluppo porterà - nella migliore delle ipotesi - un aumento dell'impoverimento della popolazione colpita.

Non resta molto tempo per evitare un tale risultato nell’Omo inferiore. Il riempimento del bacino della diga dovrebbe iniziare nel mese di giugno 2012 e la prima delle sue dieci turbine dovrebbero entrare in funzione nel settembre 2013. Si dovrebbe iniziare il più presto possibile a realizzare un piano di sviluppo per la popolazione a valle, destinato a garantire che coloro che portano il peso principale di questo progetto, a nome della nazione in generale, saranno tra i primi a beneficiare da esso.

 

Fonte: David Turton, docente presso African Studies Centre, University of Oxford. link


Per approfondire: "The dam that divides Ethiopians" (BBC). link

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28 gennaio 2012 6 28 /01 /gennaio /2012 16:23

Risale a marzo 2011 la stipula dell’accordo per la pianificazione della nuova capitale. Mesi prima quindi della ufficiale creazione dello stato stesso che è avvenuta il 9 luglio 2011. Secondo l’accordo sarà una organizzazione sud coreana, la Land Housing Corporation, che aiuterà il nuovo stato nella costruzione della sua nuova capitale.

  cartina sud sudan

I principali problemi che si dovranno affrontare saranno sicuramente:
- le controversie sulla proprietà della terra;
- il disaccordo fra i diversi livelli di governo sulle giurisdizioni amministrative;
- la mancanza di alloggi adeguati, dei servizi e le infrastrutture limitate;
- la rapida e caotica espansione urbana degli ultimi decenni;
oltre, chiaramente, alla diffusa povertà della popolazione.


Ci sono state anche numerose discussioni circa l’ipotetico trasferimento della capitale del Sud Sudan. Fra le aree suggerite come potenziali siti di delocalizzazione, nel maggio 2011 da un comitato del governo del Sudan meridionale, c’erano Ramcial (nel Lakes State), Mangalla e Terekaka (entrambi in central Equatoria State).
Fra queste è stata ufficialmente scelta Ramcial, sicuramente anche per placare i reclami dei Bari e di altre tribù che sono originarie della zona di Juba. Ramciel che sarà vicino al centro geografico del Sudan meridionale si trova in Lakes State, ma avrà autonomia per i propri dintorni a differenza di Juba.

ramcial

(foto del modellino per Ramcial)

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28 gennaio 2012 6 28 /01 /gennaio /2012 15:52

E’ ormai terminata la prima parte della costruzione di una parte  del nuovo modellino in scala 1:1000 della città di Addis Abeba. L’intero modello della capitale etiope dovrebbe raggiungere i 36 m di lato, secondo quanto previsto dall'Urban Planning Institute che lo ha progettato,  per questo si è operativamente deciso di procedere per parti nella realizzazione.  Il modellino della capitale ad una scala così grande dovrebbe servire, almeno negli intenti dei promotori, come strumento per la progettazione urbana e per simulare  l’inserimento nel contesto dei progetti di nuove costruzioni.

addis abeba model
La realizzazione del modellino è stata appaltata  all'Istituto di Architettura di gestione, Edilizia e Costruzioni (EiABC) insieme al progetto di revisione dei Regolamenti Edilizi e alla Valutazione del Master Plan di Addis Abeba, per un costo di 1,3 milioni di Birr.
Questa prima parte è grande 79 mq, organizzata in 98 tavole quadrate di 90 cm di lato, e rappresenta le aree che vanno da CMC,  compresa Piassa, fino a Gottera. Il modello è stato realizzato in compensato utilizzando una macchina a taglio laser acquistata appositamente (40.000 dollari).
Ora però non si sa dove mettere questo modello in quanto la città non ha un posto sufficientemente grande per ospitarlo. Inizialmente si era ipotizzato di suddividere i modellini in parti coincidenti con i differenti distretti amministrativi della città, ma questa suddivisione, anche se semplificava la gestione, era incompatibile con la fisica realizzazione del modello in quanto i confini amministrativi non sono regolari ma seguono l’orografia del luogo.

 

link

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6 dicembre 2011 2 06 /12 /dicembre /2011 23:11

Le città africane non sono come le città occidentali. E probabilmente potremmo estendere il discorso alle città asiatiche. Ma, soffermandoci sul primo periodo, voglio sottolineare questo concetto che pur sembrando una banalità, credo sia uno degli equivoci che hanno creato i principali problemi urbani nelle attuali medie e grandi città dei cosiddetti paesi in via di sviluppo. Spesso e volentieri si è cercato di esportare il modello occidentale di sviluppo ritenendolo il migliore, se non l’unico, modello possibile per raggiungere il benessere, senza interrogarsi sulle peculiarità dei luoghi nei quali si interveniva, senza conoscere la loro storia, le popolazioni che vi abitavano, le loro usanze, ecc. All’ombra della bandiera degli “aiuti umanitari” e della “cooperazione allo sviluppo” sono stati esportati modelli inadeguati. Un chiaro esempio, se si guarda all’urbanistica, è rappresentato dal fatto che lo strumento più comunemente utilizzato nei PVS è il "master plan", secondo la tradizione britannica, che purtroppo si è rivelato inadeguato per via della mancanza di flessibilità, necessaria per contemplare le differenti strategie di una tipica città africana per trovare e inventare mezzi di sussistenza. Infatti i tradizionali piani urbanistici tipicamente criminalizzano l'economia informale dove, per esempio, i venditori ambulanti, in nome della “pianificazione urbana” vengono cacciati e multati dalla polizia. Ci sono alcune scuole di pensiero che propongono di formare i nuovi planner anche sulle tematiche dell’informalità, al pari dei corsi sull’Economia Urbana, in modo che gli stessi siano “attrezzati” ad affrontare la questione degli scambi informali, per proporre soluzioni in quanto non è pensabile di poter annullare o impedire processi così radicalizzati in un territorio.

Inoltre in Africa la rapida urbanizzazione non implica automaticamente quella creazione di lavoro necessaria per garantire la sopravvivenza, e l'intervento pubblico non tiene il passo con la domanda di servizi  e di terreni. Probabilmente queste sono alcune delle ragioni per le quali i piani vengono fatti nelle principali città, generalmente cavalcando l’onda di un progetto internazionale di cooperazione, con tempi lunghissimi, e poi spesso e volentieri non vengono attuati.

 

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10 febbraio 2011 4 10 /02 /febbraio /2011 14:57

E' una grande strada monumentale quella che si sta costruendo a Mekelle. Una strada che parte dall'edificio Dejen, che ospita uffici amministrativi governativi, e che sale fino all'imponente monumento-edificio di Semaetat innalzato in onore dei caduti durante la guerra civile che ha rovesciato il precedente regime del Derg, favorendo l'attuale il formarsi dell'attuale governo proveniente proprio da questa città.

Una strada larga 56 metri sulla quale si affacciano lotti dimensionati per ospitare la costruzione di edifici G+9 (cioè di 10 piani) adibiti per lo più ad uffici e alberghi.

Una strada quindi che vuole essere il simbolo di una nuova Mekelle: una Mekelle che guarda ad Addis Abeba, una città moderna capace di attrarre investitori.

Scegliendo di sviluppare questa nuova centralità si cerca di spostare il baricentro cittadino, che attualmente si trova nella parte vecchia della città, in Kebele 14, in direzione della nuova espansione residenziale di Adi Shunduhun.

 

 


 
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